Dichiarazione di Cesarina Vighy sul Premio Opera Prima

La dichiarazione di Cesarina Vighy sul Premio Opera Prima che le è stato assegnato in occasione della selezione della cinquina finalista al Premio Campiello Letteratura 2009.
Accolgo con vera gioia e una punta di commozione il Premio Campiello Opera Prima e ringrazio i giurati che me l'hanno assegnato all'unanimità. Per me, poi, tale gioia è triplicata perché:
Da vera madre, Venezia ha accolto e perdonato la sua figliola fuggitasene lontano nell'adolescenza, quando l'irrequietezza e i primi errori vengono imputati ai luoghi e non a sé stessi. Anche altrove, però, il figliol prodigo tentato di tornare mantiene la fierezza della sua origine se, si diceva un tempo, come gli inglesi si svegliano ogni mattina ringraziando dio di essere inglesi, così fanno i veneziani per il loro essere veneziani.

Ho modo ora, se pure troppo tardivamente, di dare una soddisfazione e una ricompensa a mio padre e a mia madre, che sempre hanno sperato che io smentissi quel detto: "Nessuno è profeta in patria".

Il Premio Campiello Opera Prima assegnato a un'esordiente settantenne mi fa sorridere di tenerezza, mi ringiovanisce e insieme mi appare come una bella vittoria sull'età e la malattia. Ringiovanendo, mi sento quindi autorizzata e stimolata a continuare.


E' un romanzo il mio? O un diario? O, come si dice ora, una docu-fiction? Preferisco definirlo il "ripasso" di una vita, fatto prima degli esami finali, magari sul Bignami che fa risaltare i fatti più importanti mettendoli in grassetto e così distinguendoli, se pur superficialmente e grossolanamente, da tutto quell'universo che gira loro intorno e di cui i manuali più seri cercano di dar conto. Anche in questo ripasso, spesso doloroso, la mia "venezianitudine" salta fuori, sotto forma di ironia / autoironia e di "cattiveria" un po' maligna (scherzo sui sani, sui malati, sui medici, sulla malattia), ironia e cattiveria che sono nella tradizione non solo letteraria della nostra città ma che piacciono un po' meno ai "foresti", forse invidiosi.

Cesarina Vighy