Nord Nord di Marco Belpoliti – Giulio Einaudi editore
Di spalle a questo mondo di Wanda Marasco – Neri Pozza
Inverness di Monica Pareschi – Polidoro
Troncamacchioni di Alberto Prunetti – Giangiacomo Feltrinelli
Bebelplatz di Fabio Stassi – Sellerio
ll vincitore del Premio Campiello - Opera Prima
Pietà di Antonio Galetta – Giulio Einaudi editore
utori della 61ª e
I cinque finalisti
Nord Nord di Marco Belpoliti – Giulio Einaudi editore
Marco Belpoliti, è nato a Reggio Emilia nel 1954. Scrittore e saggista, insegna all'Università di Bergamo e all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano; collabora al quotidiano «la Repubblica». È condirettore della rivista «Riga» e fondatore e direttore editoriale della rivista online «doppiozero». Tra i suoi numerosi libri ricordiamo: L'occhio di Calvino, Settanta, Pianura (vincitore del Premio Comisso e del Premio Dessí nel 2021) e Nord Nord per Einaudi, e Il corpo del capo, L'età dell'estremismo e Primo Levi di fronte e di profilo (vincitore del Premio The Bridge 2016) pubblicati da Guanda. È il curatore delle Opere complete di Primo Levi pubblicate da Einaudi.
Quarta di copertina
«In nessun altro Paese quanto in Italia il Nord è mutevole, fluttuante e incerto. Tutti dicono: "è più a nord". È vero che siamo un Paese del Sud dell’Europa, tuttavia in nessun altro luogo come qui si usa indicare con tanta insistenza il Nord». Da quando è andato a vivere nel Nord del Nord, abbandonando la pianura emiliano-romagnola, Marco Belpoliti è affascinato dal mistero di quel luogo, insieme concreto e sfuggente. E come già in "Pianura", più che nel raggiungimento di una meta, il senso del suo vagabondare sta negli incontri avvenuti lungo la strada. È nello scambio intellettuale e umano con fotografi, artisti e scrittori amici – veri e propri spiriti-guida – che Belpoliti individua il suo Nord, la sua bussola sentimentale e poetica.
Dove si trova esattamente il Nord? E che cosa significa, nel nostro Paese? È forse una pura invenzione? Né Dante né Petrarca hanno mai usato questa parola, in caso di necessità l'avrebbero chiamato Settentrione. Allora quando si è cominciato a parlarne? Partendo da questi interrogativi su un concetto relativo e quanto mai sfuggente, Marco Belpoliti traccia i contorni di un territorio definito dalla storia, dalla geografia, dai ricordi personali e letterari: un territorio che da Milano, sua città elettiva, si estende alla Brianza, a Monza e a Bergamo, ma anche al Mare del Nord e persino al Mar Nero. Su questi luoghi Belpoliti posa uno sguardo «geologico», che include i massi erratici lasciati da ghiacciai milioni di anni fa e si proietta verso un futuro (forse) distopico, in cui a causa dei cambiamenti climatici l'Adriatico sommergerà la Pianura padana rendendo la Brianza un'amena località di mare. Ma il suo è al contempo uno sguardo attento al mondo dei piccoli animali - coccinelle, pipistrelli, corvi, salamandre - che di stagione in stagione trovano rifugio vicino a casa sua, o addirittura in casa sua; attento, soprattutto, alle persone che ha avuto la fortuna di frequentare. Tra queste alcuni protagonisti della vita culturale italiana degli ultimi decenni, come Alberto Arbasino, Gabriele Basilico, Mario Dondero, Enzo Mari, Lea Vergine, e i siciliani trapiantati al Nord Vincenzo Consolo e Ferdinando Scianna: di tutti loro ci regala un gesto, un'abitudine, la visione del mondo. Dalle ossa dei Lanzichenecchi al viaggio erotico di Stendhal, dalla maledetta villa di Gadda alla maschera di Arlecchino, dalla storia dello stoccafisso alle sorgenti della Drava, fiume italiano che si getta nel Danubio, sfogliamo il taccuino del suo itinerario sentimentale tra pubblico e privato, storia e memoria. Un viaggio verso il Nord, misterioso ed elusivo, dove l'autore sembra volerci condurre con il suo racconto pieno di curiosità umana e intellettuale e la sua voce empatica e intensa.
Di spalle a questo mondo di Wanda Marasco – Neri Pozza
Wanda Marasco è nata a Napoli, dove vive. Ha ricevuto il Premio Bagutta Opera Prima per il romanzo L’arciere d’infanzia (Manni 2003) e il Premio Montale per la poesia con la raccolta Voc e Poè (Campanotto 1997). I suoi testi sono stati tradotti in inglese, spagnolo, tedesco e greco. Il genio dell’abbandono (Neri Pozza 2015) è stato selezionato per il Premio Strega 2015 e portato in scena dal Teatro Stabile di Napoli per la regia di Claudio Di Palma. Nel 2017, sempre per Neri Pozza, è uscito il romanzo La compagnia delle anime finte, arrivato finalista al Premio Strega.
Quarta di copertina
Il pendolo è muto. Ferdinando e io studiamo le grandezze del tempo sprofondate in un orologio fermo. C’è una gioia selvatica in questa stanza. Facciamo gli amanti in ginocchio, uno di fronte all’altra, con l’impulso a prenderci. Ma ci siamo intimiditi nella morte. Io gli dico che sento intorno a me una luce cieca. È uguale a quella delle primavere russe.
Se è vero che ogni esistenza viene al mondo per incarnare un dramma, quello di Ferdinando Palasciano e di sua moglie Olga Pavlova Vavilova è tra i più dolenti e irriducibili: è il dramma dell’imperfezione. Fin da bambino Ferdinando ha odiato la morte al punto da fare della salvezza la sua ossessione di medico. Ma una vocazione così grande, scontrandosi con le iniquità subite, non può che fallire e trovare casa nella follia. Olga, nella sua infanzia a Rostov, ha dovuto misurarsi proprio con l’alienazione materna, quintessenza di Storia e fragilità. Unico scampo da essa la fuga, frenata da una radice nascosta sotto la neve e dalla zoppia, che diventa destino e comunione con l’imperfetto. Ma si può vivere a un passo dall’ideale? Ferdinando, dal buio della sua ratio opacizzata, continuerà a salvare asini e pupi; mentre Olga, pur guarita dalla scienza e dall’amore di Ferdinando, tornerà a claudicare. Voi non credete che quando ci spezziamo è per sempre? La domanda che Olga rivolge al pittore Edoardo Dalbono è sintesi di una irreparabilità e di una caduta che restano perenni.
«In questo romanzo fatto di luci e ombre, in cui la storia individuale è sapientemente innestata in quella collettiva, Wanda Marasco raggiunge il culmine assoluto di un affondo nell’umano che da Il genio dell’abbandono non smette di abbagliare e di sorprendere. Ogni frase, ogni parola è sapienza e cura. E la cura – come scrive l’autrice – è quasi tutto» (Elisa Ruotolo)
«In Wanda Marasco colgo almeno due tratti decisivi: la raffinatezza della scrittura, che occupa tutte le gradazioni dei registri linguistici, e lo slancio drammatico portato entro la narrazione, che dà ai personaggi uno stacco e un dinamismo straordinari» (Cesare Segre)
Inverness di Monica Pareschi – Polidoro
Monica Pareschi per le maggiori case editrici italiane traduce, tra gli altri: Thomas Hardy, Charlotte e Emily Brontë, Shirley Jackson, Doris Lessing, James Ballard, Bernard Malamud, Hisham Matar, Paul Auster, Claire Keegan. Per la traduzione ha vinto il Premio Internazionale Von Rezzori, il Premio Letteraria e il Premio Fondazione Capalbio. Insegna traduzione letteraria all’Università Cattolica e tiene seminari in diverse istituzioni. Ha esordito con È di vetro quest’aria, Italic Pequod, (Premio Renato Fucini 2014, finalista al Premio Bergamo, menzione speciale al Premio Arturo Loria).
Quarta di copertina
Una raccolta di racconti spietata che si dipana a mo' di lunga narrazione fondata su una deliziosa crudeltà sentimentale. Una costellazione di novelle, queste, adamantine e taglienti, all'apparenza, ma che divaricano l'anima piano piano, come plasticosi cristalli Swarovski.
Ma cosa c'è nelle relazioni presenti in queste storie? C'è, nell'incontro con l'altro, una paura antica, uno spavento continuamente ricercato e fuggito. Incontri sbagliati, mancati. Incontri fatali, o intravisti. Baci velenosi. Bambine dai difetti repellenti. Addii dati in maniera fredda e intollerabile. Amori ricambiati in parte e scambiati per eterne maledizioni. Il confine sottile tra il vedersi davvero e l'inorridire: ecco cosa ci offre la raccolta scritta da una delle più eleganti scrittrici e traduttrici italiane.
Troncamacchioni di Alberto Prunetti – Giangiacomo Feltrinelli
Alberto Prunetti (Piombino, 1973) è figlio di un saldatore e di una casalinga. Ha pubblicato, tra altre opere, Amianto. Una storia operaia (Feltrinelli) e 108 metri (Laterza). Al tema della cultura della working class ha dedicato la curatela di una collana editoriale e un festival letterario, assieme al suo lavoro di scrittore e traduttore. Vive in Toscana, in provincia.
Quarta di copertina
"Qui troverete l’epica stracciona dei diseredati che non possono permettersi il lusso delle emozioni interiori, la storia degli ultimi che hanno fatto la storia. I protagonisti di queste pagine, se splendono, è per il quarzo dei loro denti di granito. Se la loro pelle cambia colore, è perché una ferita sanguina come un filone d’ematite. E quando sono vicini fanno scintille, come la pirite quando incontra il nitrato di potassio." Domenico Marchettini, detto il Ricciolo, "facchino propenso alla rissa e al turpiloquio". Giuseppe Maggiori, taciturno minatore analfabeta. E ancora, Robusto Biancani, ciabattino comunista dall’aria sensibile e sognante, e Albano Innocenti, "fermentatore di disordini". Personaggi che raramente si incontrano nei libri di storia, se non intruppati in entità collettive e senza volto come "le masse", "i proletari", "il popolo".
Sono questi, i loro sodali, le madri, le sorelle, le compagne i protagonisti della novella nera cantata in questo libro. È il racconto di uomini e donne nell’Alta Maremma agli albori del fascismo: anarchici e banditi, disertori e comunisti, tipi arruffati che non hanno avuto la fortuna di trovare davanti a sé una strada dritta e spianata, ma sono stati costretti a farsi avanti "a troncamacchion" – "tra i lecceti gli scopeti i castagneti e i forteti, col cuore in gola e le labbra spaccate": perennemente in fuga dall’autorità costituita, dai picchiatori fascisti, dai delatori pronti a vendere il vicino di casa per pochi denari. Lo spirito ribelle di minatori e contadini che non hanno niente da perdere ma non rinunciano a opporsi, a negare il proprio consenso, si fa avanti a colpi di coltello, di bastone, di furore, ma anche di versi in ottava rima improvvisati. E dalle colline della Maremma arriva fino in Francia, in Belgio, in Russia.
Bebelplatz di Fabio Stassi – Sellerio
Fabio Stassi è nato a Roma nel 1962 e lavora come bibliotecario alla Sapienza. Ha debuttato nel 2006 con il romanzo Fumisteria (Premio Vittorini Opera Prima), a cui hanno fatto seguito molti altri lavori: da L’ultimo ballo di Charlot (Premio Selezione Campiello 2013 e Premio Sciascia), a La lettrice scomparsa (Premio Scerbanenco) a Mastro Geppetto (Premio Dessì, Premio Stresa e Premio Croce). I suoi ultimi libri, tutti pubblicati dalla casa editrice Sellerio, sono Notturno francese (2022), E d'ogni male mi guarisce un bel verso. Breve discorso su Dante, la poesia e il dolore (2023) e Bebelplatz. La notte dei libri bruciati (2024). Sempre per Sellerio, si è anche occupato dell’edizione italiana di Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno (2013 e 2016) e Crescere con i libri (2017) . Per Minimum Fax ha dedicato un volume ai personaggi di romanzo, Il libro dei personaggi letterari (2015), e a dieci poeti italiani del Novecento, Con in bocca il sapore del mondo (2018). Ha scritto per ragazzi per Sinnos e Bompiani.
Quarta di copertina
10 maggio 1933. A Bebelplatz, nel centro di Berlino, allo scoccare della mezzanotte migliaia di libri vengono dati alle fiamme. Joseph Goebbels proclama: «L’uomo tedesco del futuro non sarà più un uomo fatto di libri, ma un uomo di carattere». Su tutta l’Europa si sparge un odore di benzina e di cenere.
24 febbraio 2022. La Russia invade l’Ucraina, e alla fine dell'anno seguente un nuovo conflitto devasterà la striscia di Gaza. Durante un tour negli istituti di cultura italiani da Amburgo a Monaco, Fabio Stassi attraversa le piazze delle Bücherverbrennungen, i roghi di libri, e risale a ritmo incalzante la memoria del fuoco e delle censure, dei primi bombardamenti aerei sui civili, del saccheggio di librerie e biblioteche. Studia mappe e resoconti, si interroga sul ruolo della cultura e sulla cecità della guerra, indaga l’istinto di sopraffazione degli esseri umani. Alla fine compone un piccolo atlante della letteratura «dannosa e indesiderata» e rintraccia cinque scrittori italiani destinati alle fiamme dai nazisti: Pietro Aretino, il cantore della libertà rinascimentale; Giuseppe Antonio Borgese, cittadino del mondo e inguaribile utopista; Emilio Salgari, antimperialista amato in Sudamerica; Ignazio Silone, antifascista radicale, e Maria Volpi, unica donna della lista, disinibita narratrice del piacere e dell’indipendenza femminile.
Quello di Stassi è un appassionato discorso in difesa di tutto ciò che trasgredisce la norma, un viaggio ricco di corrispondenze, colpi di scena e nuove interpretazioni, da Ovidio a Cervantes, da Arendt a Canetti, Sebald, Morante, Bernhard: un invito a disseppellire la biblioteca di Don Chisciotte. Perché la ribellione si impara leggendo, e ogni lettore, per qualsiasi potere, «è sempre una minaccia».
Come scrive Alberto Manguel nell’Introduzione: «Da qualche parte nel mondo una mente sta ideando parole da tracciare con la mano e da decifrare con gli occhi in mezzo al fumo e alle ceneri».
ll vincitore del Premio Campiello - Opera Prima
Pietà di Antonio Galetta – Giulio Einaudi editore
Antonio Galetta (Ceglie Messapica, 1998) vive a Parigi, dove è ATER presso Sorbonne Université, e sta finendo un dottorato di ricerca in letteratura italiana contemporanea in cotutela tra l’Università di Pisa e Sorbonne Université. Ha studiato presso la Scuola Superiore dell’Università di Udine. Scrive su riviste cartacee e online. È stato redattore della rivista «Il Chiasmo», ospitata da Treccani, ed è socio dell’associazione bolognese «Lo spazio letterario», per la quale co-dirige una rassegna di incontri sul romanzo italiano di oggi. Nel 2021, con il romanzo inedito La pace sotto gli ulivi, ha ricevuto la menzione speciale del direttivo del Premio Italo Calvino. Pietà, già finalista al Premio Italo Calvino nel 2023 e pubblicato nel 2024 da Einaudi nella collana «Unici», è il suo primo romanzo.
Quarta di copertina
Al centro di questa storia c’è un paese in campagna elettorale che sembra uno scenario di guerra. Chi parla è un noi narrante spericolato – dentro cui si fondono l’interesse collettivo e l’egoismo, l’idealismo e il disincanto – che sposta febbrilmente gli occhi da «uno di noi» a «uno di loro» alla «donna che ci tradirà». Questo romanzo è un grimaldello: scardina le dinamiche silenziose del potere e facendolo mette a nudo noi. Senza pietà.
I partiti candidati all'amministrazione di un anonimo paesino del Sud hanno nomi strani: c'è l'usato sicuro del «Calderone degli uscenti e degli ex-oppositivi», c'è «Casa dolce Casa» che vuole cambiare lo status quo, c'è la studiata vaghezza della «Delegazione locale di una Forza nazionale» e infine gli odiatori xenofobi di «Contro-Riace». Tra queste armate Brancaleone, nei giorni frenetici della campagna elettorale si scatena una lotta feroce e insieme sottile, senza esclusione di colpi, un gioco pericoloso in cui il bene pubblico si sfalda nel tornaconto privato. In questo libro troverete scene grottesche, amori e tradimenti, una galleria di insospettabili cittadini con le loro vite e i loro garbugli. Un inventore visionario, una profetessa dell'odio razziale, un prete, una miriade di politicanti dotati di molti interessi ma poche idee... E poi troverete una storia in prima persona plurale, raccontata da un «noi» temerario che coincide con le voci di chi, in paese, decide di scendere in campo e schierarsi. Il risultato è un'analisi sul potere lucidissima e divertente, che indaga i meccanismi sottili della persuasione, racconta il valzer del compromesso, i tentacoli della criminalità, le sofisticazioni della cosa pubblica. Antonio Galetta osserva l'infinitamente piccolo della provincia come se stesse guardando un diorama, un plastico, ma in realtà non fa altro che parlare di tutti noi, del nostro essere animali politici. Con un'urgenza commovente e con una lingua impegnata a cucire lo strappo fra le parole e le cose, Galetta ci precipita nel mondo e del mondo ci dice che è grottesco, duro, cannibale, perverso, disperato; eppure, allo stesso tempo, la sua è una preghiera.