I cinque finalisti della 29^ edizione

Venerdì 12 aprile 2024 è stata proclamata la Cinquina finalista del concorso Campiello Giovani 29^ edizione

L'ultimo agosto di Sofia Aleandri, Monterotondo (RM), 21 anni

Nella periferia romana, l'estate è torrida e crudele. Una famiglia degradata, padre elettrauto e madre casalinga con figli, aspetta le ferie. Marco e Giovanni, il fratellino più piccolo, escono con due soldi per comprarsi un gelato. È allora che sentono la storia di Alfredo Rampi, quel bambino caduto nel pozzo, che nessuno riesce a far uscire. Una storia familiare dentro la cornice di una storia nazionale, che diventa una metafora di chi giace nel fondo, e non riesce a tirarsi fuori dalla condizione in cui è.
Appena prima dell’ultimo accordo di Giulia Arnoldi, Dalmine (BG), 18 anni

Lasciarsi andare nelle braccia di chi si ama e per primo ci ha amati: è il legame materno che unisce le immagini e le parole di questo breve racconto, denso di odori, nostalgia, profumi di erba tagliata, solitudine e impotenza.
Nell’assurdità della guerra di trincea, la scrittura, a tratti epistolare, riesce a restituire l’affettività di un figlio, fratello, soldato e compagno, ed il suo lancinante desiderio di vivere nella memoria del cuore e nelle voci della montagna.
Vallecupola di Daniele Camagna, Rocca Sinibalda (RI), 21 anni

Un ritorno a casa, da Roma a un piccolo borgo montano della Sabina, sia fisicamente che col ricordo dell'infanzia. A rivivere una stagione di giochi, ma pure l'esperienza del dolore: di un destino atroce che, dopo averti risparmiato alla guerra, ti ha distrutto con quegli stessi strumenti bellici. Un'atmosfera ricostruita con gli strumenti più propri della letteratura: lingua, ritmo, sospensione, abile resa delle atmosfere del tempo (l'immediato dopoguerra) anche con misurato impiego del vernacolo; ossia, tutto quanto concorre a trasmettere emozione.
Momijigari – All'ombra del pino nero di Francesco Maisto, Lodi (LO), 21 anni

È «nero» e «secco», con «tre rami a divergere verso il cielo e le tracce d'un quarto ramo, monco», il pino nel quale, alla vigilia della ripartenza dal Giappone, il narrante s'imbatte in una piccola penisola di terra, subito assorbito in un'esperienza onirica di fuoco. E questo al termine d'un viaggio, da Tokio a Kamakura, a tratti in compagnia femminile, condotto con proprietà, competenza, scioltezza e ritmo dentro immagini e sensazioni della quotidianità e della cultura giapponese; con «ombra» e «penombra» a farsi lemmi fondanti del racconto odeporico.
Il bambino che non voleva più vivere all'Inferno di Filippo Triolo, Salemi (TP), 22 anni

Un maestro che, perso per droga un figlio, vive il desiderio di paternità trasmettendo agli alunni «l'importanza dei libri», facendosene «cuntastorie». E un alunno modello che irrita il padre che vede in quel figlio «arrivato per sbaglio» l'emblema di una «infanzia inutilmente persa dietro le parole». Tutto questo all'Inferno, un quartiere luogo di crimini e di peccato, dal quale il ragazzo sogna di evadere verso un altrove. Un racconto di sentimenti forti quali solitudine, amicizia, tradimento e perdono gestito con delicatezza e proprietà espressiva.