I Finalisti della XLV edizione

La selezione dei 5 finalisti della Giuria dei Letterati

Mal di pietre di Milena Agus - Nottetempo

La meravigliosa autrice di Mentre dorme il pescecane ci racconta ora la storia di una nonna (nonna della narratrice), della sua vita, del suo matrimonio e dei suoi amori. In quest’ordine, appunto, perché alla nonna tutto capita un po’ in ritardo, quando ormai non ci spera più. Il matrimonio sembrava una possibilità sfumata (per via di una sentimentalità troppo accesa che faceva fuggire i pretendenti), quando a Cagliari, nel ’43, arriva un uomo che viene ospitato dalla famiglia e si sdebita sposandone la figlia. Ma non è ancora l’amore, quell’amore vagheggiato e sognato da tutti i personaggi di Milena Agus, con tanto sfortunato ardore. Ed ecco che sembra arrivare inaspettato, durante un viaggio in Continente, durante una cura termale per curare il “mal di pietre”, i calcoli renali. Il mal di pietre finisce così con l’identificarsi col mal d’amore e trascinare l’eroina in una vicenda di assoluta, impensata felicità, con il Reduce, un uomo zoppo e sposato, che soffre dello stesso male.
Perfetto e unico come una pietra preziosa, il secondo romanzo di Milena Agus ne conferma le grandi qualità di scrittura e di invenzione narrativa.

Milena Agus è nata a Cagliari, dove vive e insegna italiano e storia in un istituto superiore.
Il suo primo romanzo Mentre dorme il pescecane (Nottetempo 2005) ha avuto due ristampe in pochi mesi e grandi riconoscimenti critici



Il labirinto delle passioni perdute di Romolo Bugaro - Rizzoli

Quando un mattino Eliane, Carlo, Marco ed Enrico si incontrano sui gradini del liceo, le loro vite sono già destinate a intrecciarsi secondo le coreografie dell’alta borghesia milanese: matrimoni sfarzosi, vacanze in villa, feste con centinaia d’ invitati, intrighi nei club più esclusivi. Eliane infatti sposa Enrico, figlio di un ricchissimo industriale, mentre a Marco e a Carlo toccano in sorte esistenze tangenziali alla loro, con mogli e figli da mantenere e al contempo da sfuggire, il lavoro e lo sport come quotidiani alibi. Finché, all’improvviso, tutti gli equilibri si rompono. Per Eliane ed Enrico è il crack finanziario dell’azienda di famiglia, capace di travolgere una folla di piccoli risparmiatori, com’è più volte accaduto nei recenti scandali economici italiani. Per Carlo e Marco è la resa dei conti di relazioni tenute in piedi dell’abitudine e dall’ipocrisia. Attorno a loro si muove un paese intero preso negli stessi drammi: la cronaca rigurgita scandali e il panorama delle relazioni umane si fa sempre più desolato. La società borghese esplode, la notte si popola di trentenni e quarantenni che non hanno alcuna idea di come gestire la propria vita ed Eliane, Enrico, Marco e Carlo, navigando a vista attraverso questa umanità smarrita, devono affrontare esperienze mai provate in ritardo di vent’anni – la paura, la gratitudine, la colpa , l’amore.
Attraverso le vite intrecciate, semplicissime e terribili dei quattro protagonisti, Il Labirinto delle passioni perdute racconta una società in impetuosa trasformazione, eppure già identificabile, concreta.
Romolo Bugaro reinventa la cronaca che ha cambiato il volto dell’Italia di questi anni, e nei suoi personaggi ritrae un’intera generazione alla vana ricerca di storie possibili, incapace di scegliere tra un bene e un male del tutto casuali, irrimediabilmente tesa verso un’altrettanto casuale salvezza.

Romolo Bugaro
è nato nel 1962 a Padova. Tra i suoi libri ricordiamo Indianapolis (Transeuropa 1993), La buona e brava gente della nazione (Baldini & Castoldi 1998) e per Rizzoli Il venditore di libri usati di fantascienza (2000) e Dalla parte del fuoco (2003)



Donne informate sui fatti di Carlo Fruttero - Mondadori

“Sì, praticamente sono stata io a trovare il corpo della donna nel fosso”racconta la bidella nella prima riga. E di lì, da quel prato non lontano dagli stabilimenti Fiat, ho scelto alla fine di far partire la freccia augurabilmente infilzante, fulminante di questo thriller torinese, trent’anni dopo La donna della domenica.
Parla la bidella (“sfasciata spiona”), e poi la disinibita barista col suo coniglio nero, e poi la cronista di Teleschifo (così chiama il suo canale) che si precipita nella notte  verso le rane di Vercelli, e poi la carabiniera con l’occhio fisso su un vassoio di frutti di marmo in una candida villa del quartiere più elegante e malinconico di Torino...
Otto donne, e ciascuno ha visto o sentito uno spicchio dei “fatti” in questione, ciascuna porta al lettore ciò che sa, o crede di sapere, o non sa di sapere, o finge di non sapere. Otto voci, incalzanti, divaganti, intenerite, rabbiose, pietose, che si susseguono, si intrecciano, si smentiscono lungo quella freccia che il narratore ha scagliato a partire dal cadavere di una misteriosa ragazza, “Milena la bellissima, Milena la santa santissima” (dice qualcuno acidamente di lei).
Misteriosa sul momento, perché dalla banca dati dell’Arma arriva in poche ore quanto serve all’inchiesta. Resta sospeso il perché: un truce delitto di malavita, forse. Una resa dei conti, una lezione. O forse un ingorgo più torbido, uno sbocco tortuosamente, crudelmente vendicativo a più alto e insospettabile livello.
L’indagine? Avvincente. Il ritorno? Felicissimo, dice.

Carlo Fruttero
è nato a Torino nel 1926, è romanziere, traduttore, saggista, collaboratore assiduo di numerose case editrici e del quotidiano «La Stampa». Assieme a Franco Lucentini (1920-2002) ha costituito a partire dal 1958 la più celebre coppia del giallo e del giornalismo italiano, firmando decine di romanzi e opere saggistiche oltre a prestigiose curatele e antologie. Fra i titoli più noti ricordiamo La donna della domenica (1972), L’Italia sotto il tallone di F.&L. (1974), A che punto è la notte (1979), Il palio delle contrade morte (1983), La prevalenza del cretino (1985), L’amante senza fissa dimora (1986), La manutenzione del sorriso (1988), Enigma in luogo di mare (1991), Il ritorno del cretino (1992) e Il cretino in sintesi (2002), tutti editi da Mondadori.
Sempre con Lucentini, Carlo Fruttero si è occupato anche di fantascienza, dirigendo la collana mondadoriana Urania per più di un ventennio. Da solo per Mondadori ha pubblicato il romanzo “politichese” Visibilità zero (1999)



Mille anni che sto qui di Mariolina Venezia - Einaudi

Grottole, nei pressi di Matera: in un Sud poco esplorato, le vicende straordinarie e quotidiane dei Falcone, una famiglia cui il destino dona tutto e non risparmia niente, dalla guerra all’emigrazione, dalla ricchezza alla fame, passando per scandali pubblici e furori individuali. Dal capostipite don Francesco, con i suoi barili d’oro sepolti e non più ritrovati, all’ultima discendente, che fugge di casa un secolo dopo per dimenticare tutto e tutti. Una costellazione di personaggi che emergono per un attimo, colti nei momenti salienti dell’esistenza, poi vengono assorbiti dal vortice del tempo. Il loro scendere o meno a patti con la vita. L’immaginazione usata per accettare la realtà. E poi la fine di un mondo. Padri e figli, ma soprattutto madri e figlie, aspettative e tradimenti. Gli ideali politici, le lotte, le delusioni, le sviste. E la felicità, l’infelicità, la voglia di vivere.
Una voglia di vivere conquistata infine al di là di ogni ideologia, credo e religione, sfidando anche l’amore romantico e le sue trappole. Una pienezza che travolge tutto.

Mariolina Venezia, è nata a Matera nel 1961 e vive a Roma. Ha pubblicato tre libri di poesie in Francia. Collabora con varie riveste letterarie e lavora come sceneggiatrice per il cinema e la televisione. Nel 1998 ha pubblicato, per la casa editrice Theoria, la raccolta di racconti Altri miracoli. Questo è il suo primo romanzo



Il signor figlio di Alessandro Zaccuri - Mondadori

Un padre e un figlio. Uniti dalla scrittura, divisi dall’arte. Perché il genio non rispetta l’ordine tra le generazioni e un figlio può eccellere in regioni destinate a rimanere sconosciute al padre, non lasciando scelta tra il conflitto e la sottomissione. A meno che in questo contrasto tutto maschile non intervenga lo sguardo visionario di una madre capace di arrendersi al mistero di cui ogni figlio è portatore.
Ne sa qualcosa l’uomo che, nella Londra di metà Ottocento, si presenta come il conte Rossi. In Italia, molti anni prima, è stato un poeta in continuo duello con il padre. Adesso è soltanto un erudito bizzarro e solitario, dedito alla costruzione di un’Opera enigmatica e indefinibile.
Ma chi è davvero il conte Rossi? Quale segreto custodisce? Lo scoprirà, suo malgrado, un pittore alle prime armi, finito quasi per caso nella soffitta in cui l’italiano vive rintanato. E da qual momento la storia di Monaldo e Giacomo Leopardi confluirà in quella di Rudyard Kipling e di suo padre John, in attesa dello scioglimento al quale presiede –fuori dal tempo e dallo spazio- Cécile, la madre poetessa del compositore Olivier Messiaen.
Una rete di analogie, questa, che si trasforma nella trama de Il signor figlio, trascinante narrazione romanzesca nella quale ogni illazione è puntigliosamente verificata sulla verosimiglianza suggerita dai documenti.
Le fogne della Londra vittoriana e i campi di battaglia della Prima guerra mondiale, il disegno titanico dello Zibaldone e i manoscritti perduti dello Zend-Avesta, la biblioteca di Recanati e i campi di prigionia nazisti, il culto della dea Cibele, e la meditazione agostiniana sulla Trinità delineano il paesaggio di un libro appassionato e incalzante, nel quale la rivalità suscitata dall’arte è in realtà la metafora di un conflitto che ogni figlio –e ogni padre- conosce bene per averlo sentito, più lieve o più feroce, nei propri sentimenti in formazione, nella propria carne.

Alessandro Zaccuri
è nato a La Spezia nel 1963. Vive e lavora a Milano. Giornalista del quotidiano “Avvenire”, attualmente è autore e conduttore della trasmissione televisiva “Il Grande Talk” (Sat2000). Ha pubblicato i saggi Citazioni pericolose: il cinema come critica letteraria (Fazi 2000) e Il futuro a vapore: l’Ottocento in cui viviamo (Medusa 2004). Con il reportage narrativo Milano, la città di nessuno (L’ancora del Mediterraneo 2003) ha vinto il premio Biella Letteratura e Industria.




PREMIO CAMPIELLO OPERA PRIMA

Durante una cena a base di coniglio in umido e vino rosso con la schiuma in compagnia di celebri scrittori, Bisi, articolista freelance e aspirante scrittore frustrato, accoglie con entusiasmo l’idea di una rivista letteraria intitolata “La tubatura”. La sua fervida fantasia lo porta subito a immaginare un articolato schema idraulico, completo di wc e omini serafici in cima ai tubi, intenti a produrre letteratura. Come dire che la rete fognaria rappresenta il mercato editoriale in cui confluisce tutta la produzione letteraria. Però il dattiloscritto di Bisi, il lavoro di una vita, anziché nella fogna finisce al macero: la Storia degli eroi di pace e di guerra da Garibaldi ai giorni nostri, chiuso nel baule di una Punto Van, è dimenticato in un autolavaggio e quindi distrutto. Bisi non demorde e si decide per la riscrittura, svolazzando tra dolce stilnovo, Cirano di Bergerac, Mina, Kundera, Calvino, Sandro Veronesi, Umberto Eco… Ma perché scrivere di eroi, oggi, fìdeg? Meglio la figura dell’antieroe, più novecentesca e “alla Bisi”. Dissacrante e implacabile, Bisi spalanca una a una le porte dietro cui si celano gli scheletri della società contemporanea; ne esce una radiografia al vetriolo della letteratura italiana, con i suoi tic e miti, le sue idiosincrasie e psicosi.
È una ventata di aria nuova: Colagrande sa scrivere e sa far ridere, rinnovando la tradizione alta dell’umorismo italiano.

Paolo Colagrande
, nato a Piacenza nel 1960, fa parte – con Ugo Cornia, Daniele Benati e Paolo Nori – del gruppo degli scrittori emiliani. Autore di Non possiamo non dirci cani, racconto che apre il numero zero della rivista “L’accalappiacani”, Colagrande ha collaborato a Panta Emilia fisica (BompianI)