Gli autori della 52ª edizione

I 5 finalisti selezionati dalla Giuria dei Letterati 52ª edizione del Campiello Letteratura e il vincitore del riconoscimento Premio Campiello Opera Prima

I 5 finalisti
La voce degli uomini freddi (Mondadori) di Mauro Corona
La gemella H (Einaudi) di Giorgio Falco.
Morte di un uomo felice (Sellerio) di Giorgio Fontana
Le vite di Monsù Desiderio (Bompiani) di Fausta Garavini
Roderick Duddle (Einaudi) di Michele Mari



ll vincitore del Premio Campiello - Opera Prima



La fabbrica del panico (Feltrinelli) di Stefano Valenti



Mauro Corona – La voce degli uomini freddi – Mondadori



Mauro Corona è nato a Erto (Pordenone) nel 1950. Scrittore, scultore ligneo e alpinista, ha scalato numerose vette italiane ed estere, aprendo oltre 300 vie nelle Dolomiti. Nei suoi romanzi e nei suoi racconti Corona ci porta a contatto con un mondo quasi del tutto scomparso: quello della vita e delle tradizioni nei paesi della Valle del Vajont. Personaggi ed echi del passato riaffiorano tra le righe di Corona, che affronta con uno sguardo appassionato e un po' malinconico tematiche come il rapporto dell'uomo con la natura, con le proprie radici e con l'incombente progresso economico e tecnologico. Tra i suoi libri Il volo della martora, Le voci del bosco, Vajont: quelli del dopo, I fantasmi di pietra, Storia di Neve, Il canto delle manére, La ballata della donna ertana, Come sasso nella corrente e delle raccolte di fiabe per ragazzi Storie del bosco antico e Torneranno le quattro stagioni. Nel 2011 con La fine del mondo storto vince il Premio Bancarella 2011.

La voce degli uomini freddi La Caduta
È la storia della gente di Erto. Della gente che viveva lì prima del disastro del Vajont. Appartata, fuori dal mondo, in una valle dove nevicava quasi sempre e l’inverno durava otto mesi. In quel posto aspro e dolce, gli uomini freddi erano diventati abilissimi artigiani, s’erano adattati e non disturbavano nessuno. La loro forza motrice era il torrente, che faceva girare mulini e segherie e si trasformava in “campo liquido” quando bisognava irrigare i campi. Era il motore di tutto ma era anche una ninna nanna, perché cullava le loro notti. Un bel giorno, gli uomini freddi si accorsero che il torrente era sparito, avvisati da un bambino che non sentiva più la sua ninna nanna. Allora partirono per cercarlo e riportarlo a casa come si fa con un agnello scappato. E dopo aver camminato a lungo si trovarono davanti a un immenso muro di cemento. Dietro al muro c’era un lago: il torrente era stato imprigionato. E chi aveva rivelato che lassù c’era l’acqua? Era stato uno di loro. Perché la montagna è sempre stata tradita dai montanari desiderosi di fare soldi... Ho raccontato questa storia in forma di fiaba, con uno stile pacato, perché se l’avessi scritta in un altro modo avrei puntato il dito, avrei urlato, avrei detto “farabutti”. Invece fa ancora più male esporre i fatti in maniera pacata e dolce, perché non c’è nessun reclamo, nessun grido.



La gemella H (Einaudi) di Giorgio Falco



Giorgio Falco (1967) ha esordito con Pausa caffè (Sironi, 2004).
Nel 2009 ha pubblicato L’ubicazione del bene (Einaudi) e nel 2011 La compagnia del corpo (duepunti editore).
Dopo La gemella H è in uscita, il 18 settembre 2014, Condominio Oltremare (L’orma), un romanzo per immagini, con 60 fotografie di Sabrina Ragucci.

La gemella H
La gemella H è un romanzo che parte da uno spunto biografico: essere nato alla fine del 1967, ventidue anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, un lasso di tempo che mi pareva breve quando era bambino; con il passare degli anni mi è sembrato brevissimo. Eppure, per parlare di me, della coesistenza tra l’origine della cupezza italiana (il fascismo) e la spensieratezza balneare della medesima (l’ossessione del corpo, della merce), ho dovuto partire dagli Hinner, famiglia tedesca che dall’immaginaria cittadina bavarese di Bockburg si trasferisce in Italia; prima a Merano, poi a Milano nell’immediato Dopoguerra e infine a Milano Marittima, dopo l’acquisto di un piccolo albergo, l’Hotel Sand, che diventa un monumento alla fuga dalle responsabilità di italiani e tedeschi. Nell’arco di ottant’anni il romanzo narra fatti minimi, quotidiani, mentre la Storia, anche quella sancita dalla pace, resta sullo sfondo: “succede nelle dittature e nelle democrazie, la quotidianità prende il sopravvento come una forma ottusa di rimozione, di difesa, e suggerisce la vita”.



Morte di un uomo felice (Sellerio) di Giorgio Fontana



Giorgio Fontana è nato nel 1981.
Ha pubblicato i romanzi Buoni propositi per l’anno nuovo (2007) e Novalis (2008), il reportage
narrativo Babele 56 (2008) e il saggio La velocità del buio (2011). Vive e lavora a Milano.
Con Sellerio ha pubblicato Per legge superiore (2011) e Morte di un uomo felice (2014).

Morte di un uomo felice
Morte di un uomo felice è la storia di un padre e di un figlio. Certo, è anche la storia di un magistrato in prima linea nella lotta al terrorismo rosso, sospeso fra coraggio, paura e volontà di comprendere il perché di tutta quella violenza: ed è la storia di un partigiano saronnese, impegnato nella Resistenza delle fabbriche tra scioperi e volantinaggio, e morto a 23 anni per mano fascista. È la storia di una provincia operaia durante la guerra, di una Milano – quella del 1981 – fatta di quartieri popolari e osterie; di giri in bicicletta e passeggiate solitarie; di lunghe conversazioni sulla giustizia, sul perdono e sulla vendetta; di sincero stupore per il perdurare dell’amicizia; di rapporti complessi tra chi sta rischiando la vita per un ideale e la propria famiglia. Ma più di tutto, Morte di un uomo felice resta la storia di un padre e di un figlio: del loro dialogo a distanza, dell’eredità di giustizia e libertà che il primo consegna al secondo, dell’amore che li lega pur senza mai essersi conosciuti davvero.



Le vite di Monsù Desiderio (Bompiani) di Fausta Garavini


Fausta Garavini, studiosa di letteratura francese e occitanica, traduttrice e scrittrice, ha insegnato alla Facoltà di Lettere di Firenze. È autrice della traduzione integrale dei Saggi di Montaigne (1966, nuova edizione Bompiani 2012) e di numerosi lavori critici fra cui L’Empèri dóu Soulèu (1967), I sette colori del romanzo (1973), Il paese delle finzioni (1978), La casa dei giochi (1980), Parigi e provincia (1990), Mostri e chimere (1991). Redattrice di “Paragone-Letteratura” dal 1972, ha pubblicato diversi racconti in rivista. Fra i suoi romanzi, Gli occhi dei pavoni (1979), Diletta Costanza (1996), Uffizio delle tenebre (1998), In nome dell’Imperatore (2008). Presso Bompiani ha pubblicato Diario delle solitudini (2011) e Storie di donne (2012).

Le vite di Monsù Desiderio
Di François de Nomé detto Monsù Desiderio, pittore protagonista del romanzo, non si sa quasi nulla. Dipinge architetture fantastiche per lo più crollanti, in scenari da incubo. Questi cataclismi dicono qualcosa, nel silenzio, nella notte, qualcosa che non viene detto altrove da nessuna parte, né in un altro secolo né in un altro paese. Avevo davanti una sfida: interpretare i suoi quadri per scrivere la sua storia, tracciare la sua biografia ricavandola dall’autobiografia interiore e immaginaria dei suoi dipinti. Ho inventato la sua esistenza, nel primo Seicento, a Roma e a Napoli, due città di opulenza e miseria, trasformate in cantieri permanenti, dove continuamente si distrugge per ricostruire, sospese fra ciò che non è più e ciò che non è ancora, imputridite di corruzione ma attraversate da fermenti magico-religiosi, dagli echi delle teorie di Giordano Bruno e di Tommaso Campanella che filtrano dai circoli degli adepti e lasciano nell’aria scie di misteriosi vaticini. C’è tutto questo nei dipinti di Nomé. Le sue architetture disastrate parlano dell’inconsistenza delle pretese umane a durare, dell’eternizzazione rovinosa della storia dove non c’è misericordia né perdono, del pervertimento dei costumi. Parlano, insomma, anche delle tragedie del nostro presente, tracciando l’iconografia della condizione umana, la figurazione del suo dramma.



Roderick Duddle (Einaudi) di Michele Mari


Michele Mari vive a Milano, dove insegna Letteratura italiana all’Università Statale, e a Roma. Oltre a diversi saggi ed edizioni di testi, ha pubblicato i seguenti titoli di narrativa: Di bestia in bestia (Longanesi 1989; nuova versione Einaudi 2013), Io venìa pien d’angoscia a rimirarti (Longanesi 1990; Marsilio 1998; Cavallo di Ferro 2012), La stiva e l’abisso (Bompiani 1992; Einaudi 2002), Euridice aveva un cane (Bompiani 1993; Einaudi 2004), Filologia dell’anfibio (Bompiani 1995; Laterza 2009), Tu, sanguinosa infanzia (Mondadori 1997; Einaudi 2009), Rondini sul filo (Mondadori 1999), Tutto il ferro della torre Eiffel (Einaudi 2002), Verderame (Einaudi 2007), Rosso Floyd (Einaudi 2010), Fantasmagonia (Einaudi 2012), Roderick Duddle (Einaudi 2014). Nel 2007 è uscito il suo unico libro di poesie: Cento poesie d’amore a Ladyhawke (Einaudi). Nel 2008, insieme al pittore Velasco Vitali, ha pubblicato il libro Milano fantasma (EDT). Per Rizzoli ha tradotto L’Isola del Tesoro di Stevenson e Ritorno all’Isola del Tesoro di Andrew Motion.

Roderick Duddle
Nel 2012 ho tradotto L’Isola del Tesoro di Stevenson: forse è per questo che ho sentito il bisogno e il desiderio di scrivere un’avventura classica imperniata sulle vicissitudini di un ragazzino, alla maniera non solo di Stevenson ma anche di Dickens, di Twain, e del Poe di Gordon Pym. A differenza di tutti gli altri miei libri, infatti, Roderick Duddle si intelaia su una trama sempre più complessa, al punto che fin dalle prime pagine mi è venuto spontaneo scandirla secondo i modi del romanzo d’appendice, che uscendo a puntate era tenuto a compensare ogni interruzione con un incremento di colpi di scena, di complicazioni narrative, di personaggi. Roderick è un orfano figlio di una prostituta, e intorno a lui (o meglio alla immensa ricchezza che potrebbe ereditare) ruota un’umanità costituita da figure ciniche e spietate: buona parte del mio divertimento è dipesa dalla semi-passività con cui, considerando questi personaggi come esseri in carne ed ossa, ho lasciato che se la vedessero fra di loro, imponendosi narrativamente in virtù della loro intrinseca energia. E Roderick, naturalmente, sono io, o almeno lo sono stato scrivendo.



La fabbrica del panico (Feltrinelli) di Stefano Valenti


Stefano Valenti (1964), valtellinese, vive a Milano. È traduttore e consulente editoriale per alcune delle principali case editrici italiane. La fabbrica del panico, Feltrinelli 2013, è il suo primo romanzo.

Motivazione della Giuria dei Letterati
Il romanzo racconta una storia familiare, che diventa corale di fronte alla malattia e alla morte per amianto. A narrarla, muovendosi per lasse di ricordi, è il figlio quarantenne che sente la necessità e il dovere di stringere un rapporto più ravvicinato col padre, sceso a Milano dalla Valtellina per morire in fabbrica. Un rapporto che ricade sul figlio, il quale risulta sempre più gradualmente ferito dall’ansia di conoscere la verità, arrivando per questa via a ricostruire, non solo nel padre, ma anche nei suoi compagni, il dolore fisico e morale della fabbrica. Il tutto raccontato con uno stile asciutto e tagliente, ma di forte impatto emotivo, che procede lungo il filo di una dolorosa elegia.

La fabbrica del panico
Negli anni del boom economico la Breda fucine era la fabbrica più grande di Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia. Di quella fabbrica oggi non resta pressoché nulla. È una storia privata, quella raccontata ne La fabbrica del panico, un dolore che si tramanda di padre in figlio. La storia di un giovane uomo, il padre, arrivato a Milano negli anni settanta da un paese della Valtellina per guadagnarsi il pane come operaio. L’uomo ama dipingere ma per vivere deve lavorare in un reparto in cui si soffoca d’amianto. Mesotelioma pleurico è il nome del tumore ai polmoni che lo uccide. Il figlio ha necessità di conoscere che cosa è successo in quel luogo, a quegli uomini. E di dominare il panico che lo sovrasta. Ricostruisce dunque un mosaico di storie, di testimonianze dirette dei sopravvissuti, incrocia dati e carte dei processi e ripercorre le tappe di un calvario collettivo, una pagina di storia italiana che ancora attende giustizia.